Si dice che una donna non la si può toccare nemmeno con un fiore. Ed è vero, è una verità sacrosanta, ma purtroppo non viene rispettata. È all’ordine del giorno sentire al telegiornale di ragazze, donne, uccise dai propri compagni, mariti, amanti. Donne sfregiate, donne violentate. Non ho mai vissuto questa esperienza sulla mia pelle e sono lontana dal capire il meccanismo che s’innesca anche nella mente della vittima nel restare accanto al proprio compagno/aggressore. Mi verrebbe solo da dire “scappa, denuncia”. Forse faccio la vicenda più semplice di quello che credo… Quindi ho deciso di affrontare questo argomento con una ragazza, una mia cara amica, che si è trovata ad essere vittima di violenze e che per anni non sono riuscita ad aiutare perché non capivo.

Ed oggi son qui seduta accanto a lei, mentre abbraccia il suo bambino, felice della sua nuova vita con un uomo che ama e che la rispetta. Prima di affrontare questo argomento così delicato devo dirvi una cosa “Un uomo non cambia. Una persona che alza la mano e non per accarezzarci, non cambia. Chi vi insulta, chi vi umilia, non cambia. Non dovete mai pensare che  magari è solo una volta, non lo fa più. Non è vero, lo farà tante e tante volte ancora.  Solo voi potete salvarvi, solo voi potete chiedere aiuto”.
Ed allora, tornando alla mia testimonianza, ho chiesto di spiegarmi come e quando questo rapporto si è trasformato. Soprattutto come e quando ha capito che doveva reagire e scappare via.
“Ho conosciuto questo ragazzo che avevo solo 22 anni. Lui era un po’ più grande di me, ne aveva 30. Lavoravamo nello stesso ambiente. È stato un colpo di fulmine istantaneo, credevo per entrambi, anche se dal suo sguardo avevo inteso qualcosa di più profondo. Quasi pericoloso. Neanche me lo sentissi. Eppure era così affascinante, solare, mi sembrava quasi irraggiungibile. Invece lui era interessato proprio a me  e stava iniziando quello che per molti potrebbe sembrare una grande bella storia d’amore.
Inizialmente  era tutto perfetto, eravamo felici, amanti ed amici. Poi però qualcosa è cambiato. Si è iniziato con le prime gelosie, che potevano anche far piacere, quelle attenzioni anche un po’ eccessive, ma che ti fanno sembrare di essere il centro del suo mondo “

mindenotodik

Le dimostrazioni di affetto non sono queste, chi ti ama, accetta il tuo modo di parlare, di scherzare, di vestire. Non ci devono essere limitazioni in un rapporto “sano”.

Si è passati subito dal fargli leggere il messaggio, al cambiarmi il pantalone aderente, al non uscire più con gli amici. Mi aveva chiuso in una gabbia adornata di rose, ed io innamorata e forse ingenua , credevo che quello fosse il nostro nido d’amore. Una sera , dove si è mostrato per quello che era, mi vide salutare un collega di lavoro. Non mi rivolse la parola per tutta la serata, finché io insistentemente gli chiedevo spiegazioni. Non ci furono parole, non ci fu una discussione. Ci fu solo uno sguardo. Poi mi sentii afferrata per il capo ed una volta a terra fui colpita da tutta la sua rabbia. Riuscii a scappare, aiutata da altre persone. Pensavo che il mio mondo si stesse sgretolando, finché non me lo ritrovai a casa, piangendo , nel chiedere scusa alla mia famiglia e chiedendo aiuto a loro nel farsi perdonare. Ovviamente non aveva raccontato il tutto, ma vederlo così vulnerabile, quasi indifeso, mi sentii debole… la persona che fino a poco prima era il centro del mio mondo, stava soffrendo per colpa mia.  Allora l’ho perdonato, ma fu solo l’inizio della fine.

Perché la storia si ripeteva, motivi diversi ma simili tra loro , ed alla fine ero quasi convinta che a sbagliare fossi io. Che fossi io la pazza. Hanno cercato di aiutarmi in tanti,  famiglia ed amici, ma loro non capivano questo grande amore. E forse non lo capivano perché non c’era. Pensavo che potevo cambiarlo, aveva due facce, ed una di queste era proprio quella del bravo ragazzo che mi aveva fatto innamorare. Ogni volta in cui lui tornava ad essere questo ragazzo, le mie forze crollavano ed io restavo legata a lui, come lui voleva.
Però non ero io, quella che lui voleva non ero io. E c’era una vocina dentro di me che cercava di tenermi con i piedi per terra . Nessuno mi ha potuta aiutare finché io non ho deciso di aiutarmi. Mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. Aprivo l’armadio e non indossavo più i miei vestiti, non mi esprimevo più per quella ragazza giovane e simpatica che aveva tanti amici, ero sola. Ero una sua pedina. E lui cercava di soffocare questa mia personalità. Sono scappata, ho lasciato la mia città, ma lui mi ha perseguitata ed io son caduta tante volte. Troppe. Ho accettato anche di essere la sua amante pur di averlo. Ho accettato di stare alle sue condizioni, vedendo soffrire mia madre per quello che stavo diventando. Un suo giocattolo .

Dopo quattro lunghi anni, di dolori, tradimenti, pedinamenti e tanta, troppa violenza che mi porterò sulla mia pelle per sempre, sono riuscita ad uscirne. Ero al parco con i miei nipoti  e finalmente sono riuscita a fare quella telefonata. Quella che mi ha salvato è cambiato la vita. Forse perché proprio loro mi hanno ricordato cosa fosse l’amore puro e genuino. Sono riuscita a dirgli quello che ho portato dentro per anni. Sono riuscita a riprendere in mano la mia vita. In questi anni ho sempre scritto le mie emozioni su un diario, ancora oggi lo rileggo e mi vengono i brividi. Non ci sono giustificazioni che tengono per quello che ho subito. Ma ora a mente fredda riconosco le mie colpe. Non dovevo permettere che qualcuno mi trattasse così, dovevo avere amore e rispetto per me stessa, prima di tutti e di tutto”.

Rispetto, amore, amicizia non devono mai mancare in un rapporto sano, ma sopratutto per permettere che qualcuno vi possa aiutare, dovete essere voi a volerlo. Guardatevi allo specchio e ripetetevi che voi meritate tanto, meritate di meglio. Meritate di essere felici… e dovete fare di tutto per rincorrere quella felicità.

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