Questo post se lo aspettano in tanti, ed è quello che invece mai avrei pensato di scrivere.

Non serve un giorno per ricordare i bambini mai nati, perché noi mamme che ci siamo passate, non lo dimentichiamo mai. La vita va avanti, ma non c’è un solo giorno dal 10 dicembre 2018 che io non abbia pensato a lei.

La rivedo  in ogni bambino che è nato a maggio, il mese che ci avrebbe riempito di gioia ed invece è stato il mese più duro di tutta la mia vita.

La rivedo in ogni pancione alle 18^ settimana ( quinto mese) perché lei a quella settimana non ci è arrivata per un giorno.

La rivedo in ogni terzo bambino in arrivo, quello che doveva arrivare anche a me. E invece NO.

La rivedo nel ciuccio rosa che avevo regalato ad Alex e Nicole per annunciare l’arrivo della sorellina…

Alex e Nicole, forse proprio per questo è stato difficile per me riuscire a tornare a casa dall’ospedale senza la loro sorellina.

Alex lo aveva detto a tutti i suoi amichetti e persino alla maestra, era davvero felice perché avrebbe finalmente avuto una camera solo per lui e alle sorelle invece toccava dividerla… Si perché che illusa sono stata vero? …A 17 settimane avevo già in mano il disegno dell’architetto su come realizzare la camera della bambine e deciso persino il colore delle tende e delle pareti ( un colpo al cuore a scriverlo nero su bianco)

Perché quando sei all’inizio del quinto mese, dopo un test dna fetale che ti dice che tutto va bene, lo dici al mondo che sei incinta. Al mondo ecco, anche no.

Dopo il terzo mese, ti senti invincibile, pensi che nulla potrà andare storto, senti che ormai l’unica problema sono le nausee che non passano e i jeans che iniziano a diventare stretti, invece no.

Le cose brutte succedono, non guadano in faccia a nessuno, che tu stia diventando per la prima volta madre oppure che tua sia al terzo figlio, che tu sia un persona che non beve non fuma, non è vero nulla, se deve succedere succede. Il destino non guarda in faccia a nessuno.

Sono stati giorni difficili, giorni nei quali pensi che nulla ha senso; infermieri, anestesisti, ostetriche, ginecologi.. in quei giorni tutti aspettavano solo riuscissi a partorire. Come può una mamma partorire un figlio che non potrà crescere? Non so come il destino scelga le donne a cui tocca questa sofferenza, ma di certo ti segna.

Ti affiancano una psicologa e ti dicono che potrai vedere la tua bambina e darle il nome prima di salutarla per sempre, allora ti fai forza, ma quando è difficile lo sappiamo solo noi, mi viene da sorridere ora quando in alcuni contesti sento la frase fatta  “Ci sono problemi più gravi”

Non ho mai dato importanza a questa cosa, fino a quando non ho visto in faccia “i problemi più gravi”

Un parto difficile e tre sacche di trasfusione per emorragia. Allora si, le vedi come sono le cose gravi, camici bianchi che corrono e che parlano, ma li senti in lontananza, come se avessi i tappi nelle orecchie. Ti riportano in stanza e non hai alla forza nemmeno di bere, arriva l’infermiera e ti dice tutto è finito, devi riposare e fare le trasfusioni per tornare dai tuoi due bimbi.

In quel momento qualsiasi mamma pensa solo al bimbo che ha perso, non è egoismo è inevitabile, pensi a come dirlo ai figli a casa.. pensi a come era bella quella cameretta che avevi progettato con amore, pensi a come era da illusa scattarsi la foto della 17^ settimana di gravidanza…

Da quel giorno tutta la mia vita è cambiata.

Ancora oggi il pensiero di come poteva essere la nostra vita a 5 mi riempie subito gli occhi di lacrime e non c’è nulla che possa fare per trattenerle. Non passa giorno che almeno un attimo penso a come sarebbe stato.

Ci sono tre fasi in un lutto perinatale, la prima è quella dello Shock e incredulità, non pensi che sta succedendo proprio a te e ti chiedi perché a te! Non ho ancora trovato questa risposta.

La seconda è la realizzazione del lutto, tutte nel reparto hanno in parte la loro culletta e il bimbo urlante e invece tu torni a casa dall’ospedale senza bambino.

La terza è l’accettazione. Dicono che arrivi a questa fase quando vai al cimitero e trovi la forza di andare nel giardino dei bimbi mai nati. Ci sono voluti 6 mesi, andare lì significa chiudere il cerchio. Quando ci sono andata per la prima volta la custode ha capito subito che ero una di “quelle mamme”, ce lo leggi in faccia anche se arriviamo con occhiali scuri e lo sguardo perso di chi a malapena riesce a dire “Sono qui per sapere il numero della… insomma, sono qui per vedere dove è sepolta la mia bambina”

15 ottobre

Baby Loss Awareness Day

 

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