Nel corso di questi 5 anni da mamma ho affrontato problematiche di ogni sorta, tutte tipiche dei primi tempi e sicuramente sperimentate da tutti i genitori: dalle notti insonni al rifiuto del cibo per partito preso, dai capricci molesti di origine varia ed eventuale a quelli più mirati e irriducibili dei Terrible 2 (che nel mio caso si sono estesi abbondantemente anche ai “3”!), dalle urla per l’acqua sulla testa durante il bagnetto al lancio random degli oggetti, dall’inseguimento domestico per completare la vestizione ogni benedetta mattina all’utilizzo del NO come arma inespugnabile a tutti i livelli (riordina: no /mangia: no / facciamo ninna: no / Aurora…: NO!).
Sono tutte situazioni tipiche e so che ogni mamma (e anche ogni papà!) potrà rivedersi in questi siparietti, nulla di strano, tutto parte del percorso di crescita dei nostri bimbi, che attraverso l’opposizione definiscono la propria personalità – indebolendo la nostra 😀 – e pian piano prendono consapevolezza di sé e infine, con molta, moltissima calma, accettano la nostra guida (si spera).
La problematica in più, quella che onestamente non avevo previsto e più mi sciocca è legata alla gestione di qualcosa che va al dilà del “mondo-bambino”, ma che, paradossalmente, ne intacca maggiormente la natura più profonda: sto parlando chiaramente della TECNOLOGIA, nel significato più ampio del termine. Per fare subito un esempio: sto scrivendo mentre Aurora guarda la tv, un cartone animato su uno di quei 5/6 canali che oramai si sintonizzano di default all’accensione del televisore.
La tv, e me ne vergogno nell’affermarlo, fa oramai parte della routine mattutina
Si fa colazione guardando un cartone, ci si prepara per l’asilo correndo dal bagno al salone per terminare l’episodio del cartone animato di turno, si chiude la porta di casa un attimo dopo averla spenta. Pare non se ne possa fare a meno, e tutto sommato, in quella fascia oraria, col sonno che fa capolino dietro i suoi occhietti di cucciola e la fretta che guida tutti i miei gesti e le procedure di preparazione, mi sembra un compromesso accettabile, un rito di passaggio per l’arrivo alla materna.
Quel che inizio a non sopportare sono tutte le altre fasi della giornata che sembrano irrimediabilmente scandite dal supporto della tecnologia.
Dopo l’asilo per combattere la stanchezza e fare merenda, durante l’aerosol per contenere i capricci, post cena prima degli ultimi giochi, mentre io allatto, perché “la mamma ora non gioca con me”…e la lista potrebbe continuare all’infinito. Mi sento di affermare, senza alcun dubbio, che la mia vera sfida, la mia quotidiana guerra, parallela al percorso educativo e di crescita di mia figlia, sia quella di “staccarla” da tutti gli schermi e preservarne…la fantasia. E non solo. Pare che l’eccessiva esposizione agli schermi aumenti il rischio di sviluppare deficit di attenzione, oltre a determinare senza dubbio quanto ho personalmente riscontrato: maggiore agitazione, aggressività, frustrazione, una forma di vero e proprio stress, indotto, a mio parere, da una attività che coinvolge i bimbi “emotivamente” escludendo, però, un’esperienza sensoriale completa. Si tratta di un argomento assai complesso e dalle mille sfaccettature, dunque non voglio far altro che dare il mio punto di vista e offrire qualche spunto maturato negli anni a chi, come me, si trova ad affrontare questa pseudo “dipendenza” infantile da tecnologia, senza alcuna presunzione né pretesa competenza specifica: sono e resto una fotografa, e parlo “solo” in qualità di mamma.
Ecco i capisaldi della mia resistenza alla tecnologia
- La musica non si guarda, si ascolta. Per impedire a mia figlia di impugnare il tablet e aprire you tube ogni volta che ha voglia di ascoltare musica, ballare, cantare o avere un sottofondo per le sue attività creative…e poi finire imbambolata a guardare il video della canzone prescelta, e a seguire qualsiasi altro video correlato nella ricerca, perdendo nozione del tempo e del motivo originario per cui aveva richiesto il tablet…ho scoperto e introdotto, grazie a un graditissimo regalo di Natale, il caro vecchio Canta Tu, in versione digitalizzata: compatto e comodissimo, con una maniglia che lo rende facilmente trasportabile, e una praticissima pennetta Usb su cui caricare tutte le canzoni predilette. In questo modo la musica rimane semplicemente musica, come dovrebbe essere, e si può davvero ballare, cantare, muoversi, senza rimanere schiavi dello schermo.
- Il tempo è prezioso. Meglio giocare! Mia figlia è una “giocatrice” infaticabile. Si inizia a giocare appena svegli, si smette, a fatica, quando si è già sotto le coperte. Si interrompe, con difficoltà, per l’ora dei pasti…ebbene sì! In più di un’occasione, complice la stanchezza, qualche capriccio in più, e un cartone animato particolarmente avvincente, capita che rimanga alquanto complicato spegnere la tv. “Ancora un episodio, eddai questo è l’ultimo, su solo questo poi spengo”. E intanto il tempo passa, inesorabilmente. Quando finalmente arriva il vero ultimo episodio, si è magari fatto tardi per quel particolare gioco un po’ scalmanato che bisognerà rimandare a domani, oppure è venuta l’ora di andare a danza e non c’è più tempo per terminare quel gioco iniziato prima del cartone animato, oppure non si è più in tempo per andare al parco perché il sole sta per tramontare… Per i bambini, soprattutto i più piccoli, il tempo è un concetto astratto. Il gioco, al contrario, è l’elemento attorno a cui ruota tutta la loro giornata. Il tempo del gioco è per loro sacro, inviolabile, com’è del resto sacrosanto. Dunque è bene e utile far loro capire che guardare non è giocare, e il tempo trascorso a fissare uno schermo va necessariamente sottratto a quello destinato alla loro attività preferita. Non so se questo monito possa avere uguale appeal su tutti i bimbi, ma so per certo che con Aurora funziona…quasi sempre!
- La giusta ispirazione. Si può utilizzare il web per avviare un gioco, per imitazione. Questa è la modalità che Aurora preferisce. Faccio un esempio: mia figlia è una grande fan di Topi the Corgi. Lo so, ai più sarà sconosciuto…si tratta di un cane ammaestrato che svolge ogni sorta di attività, dal dottore all’impiegato, passando per il poliziotto, e approdando al supereroe…lei ama imitarlo, mettendosi nei suoi panni e passando da una occupazione all’altra, immergendosi in atmosfere sempre diverse, stimolanti. Lo trovo un buon modo di utilizzare la tecnologia. Si può utilizzare internet per trovare ispirazione per qualche lavoretto DIY: trovato il giusto spunto, si mette da parte il tablet e ci si arma di forbici e cartoncino per dare sfogo alla fantasia e alla propria creatività. Altrettanto valido l’uso del tablet per cercare una ricetta speciale da cucinare insieme, mamma e figlia. O magari per cercare l’informazione che ci manca: il nome di quel pony che proprio ci sfugge, o magari scoprire se la ludoteca nel pomeriggio è aperta e possiamo andare a giocare. Sono tutti utilizzi funzionali ad attività esperienziali concrete, che l’uso della tecnologia serve solo ad avviare.
- Piuttosto ti leggo un libro. L’operazione di distrazione a volte si rende indispensabile. E’ tardi, la stanchezza è tanta, c’è ancora un aerosol da fare, la mamma è impegnata col fratellino oppure deve svolgere qualche faccenda, il papà sta cucinando o terminando di lavorare…sono tante le “scuse” o i piccoli moventi che spingono i nostri bimbi a cercare la compagnia del tablet. Minimo sforzo, estremo risultato, stimolo esagerato. In questi casi, per convincere Aurora a riporre il tablet, le propongo di sedersi accanto a me, e ascoltare una favola, letta o inventata. Devo essere accattivante, proporre il titolo giusto oppure attivare la mia immaginazione per stimolare la sua, decisamente più fervida…ma funziona! Spesso il tablet rappresenta la risposta ad un desiderio di intrattenimento, che è di per sé legittimo. Ricordiamo però che la migliore compagnia per i nostri figli siamo sempre noi, ed è solo in nostra assenza che si attivano meccanismi di dipendenza da tecnologia. Il vero spettacolo, per loro, restiamo in primis noi genitori!
- Condivisione. Una delle conseguenze più scontate correlate all’uso della tecnologia è la momentanea chiusura del bimbo nella cosiddetta realtà virtuale: se proviamo a chiamarli non rispondono immediatamente, se rispondono a ciò che diciamo il più delle volte lo fanno senza aver realmente ascoltato, hanno l’aria imbambolata e assente. Una bruttissima immagine, lo so. Per evitare che questo accada uno dei consigli che mi è stato dato una amica psicologa è quello di condividere col bimbo quel momento tecnologico: guardate insieme e commentate il video con lui per riportare la tua attenzione su un piano ‘reale”, oppure fatevi spiegare come funziona quell’app che tanto li appassiona, provate a sfidarlo ai suoi giochini. Insomma, state accanto a lui, fategli sentire presenza e non isolamento. Che sia, in qualche modo, un tempo condiviso anche quello ‘tecnologico’.
- Evviva la noia. Eh sì, perché è proprio annoiandosi che i più piccoli spalancando le porte della loro fantasia, e in men che non si dica organizzano un gioco nuovo, creano nuovi mondi, inventano avventure eccezionali… I bimbi di questa generazione devono, per assurdo, conquistarsi il diritto alla noia, bombardati come sono da stimoli incessanti di ogni sorta, a cui faticano a sottrarsi, uno scenario a dir poco inimmaginabile per i bambini degli anni ‘80/90. “Mamma non so che fare, mi dai il tablet?”. NO. Dovremo impuntarci e poi tapparci le orecchie per le successive lamentele e i possibili capricci, poi d’un tratto non sentiremo più quel brontolio di sottofondo: il silenzio è segno che la magia è fatta, l’immaginazione ha avuto la meglio. Non ci resta che affacciarci sulla porta della cameretta per scoprire quale nuova avventura è in corso e in che modo potremo prendere parte a questo nuovo viaggio, lasciandoci guidare dai più piccoli.
- Contro psicologia spicciola. Mi sono resa conto che più mi ostino a negare l’accesso alla tecnologia, o anche semplicemente a razionarlo, più la rendo appetibile e intrigante, come tutte le cose “proibite”. Appena lascio un po’ andare, non foss’altro che per sfinimento, paradossalmente Aurora abbandona da sola tv o tablet senza il mio intervento, come se non le interessasse poi così tanto, e viene a cercarmi per giocare. Sarà un caso?
Vi lascio con una frase celebre del dottor Montini, pediatra: “se ha le istruzioni non è un gioco per bambini”.
La tecnologia, dovremmo tenerlo a mente sempre, può essere molte cose, ma mai un gioco, tanto meno per bambini.