Dedico questo post a tutte quelle donne che mamme non lo sono e che vivono la sofferenza e il vuoto di poterlo non diventare mai e a tutte le donne che non si risparmiano mai.

Che il tabù della maternità mancata possa diventare una realtà da affrontare, condividere e non da nascondere.

“Tutto passa”. E’ stato la frase più ascoltata in questi due anni.

Quelle parole che ti dicono a supporto proprio quando sei vittima di un evento sfortunato che ti insegue quasi fossi la sua calamita.

A gennaio 2019, sei mesi prima del nostro matrimonio, io e il mio compagno scoprimmo che al 99% non saremmo potuti diventare genitori.

L’unica piccola speranza poteva essere per noi la fecondazione assistita.

A luglio ci sposammo con questo peso sui nostri cuori ma con la voglia di amarci nonostante tutto.

A giugno 2020 dopo quasi un anno di terapia psicologica e in piena pandemia, decidemmo di cominciare il percorso di stimolazione ovarica a seguito del quale mi dovevo sottoporre ad un intervento di prelievo ovocitario in sedazione profonda.

Ricordo che il giorno prima scrissi una lettera a mio figlio di cui riporto qui solo una parte:

“Al mio bambino,

che tu sia una Lei o un Lui.. non so se mai esisterai.

Ti scrivo così che se un giorno potrò finalmente vederti tu possa sapere quanto sia stato desiderato. Quanto la tua mamma e il tuo papà abbiano lottato, pregato e avuto fede per averti. Domani è il nostro giorno .. non abbiamo certezze, non sappiamo come andrà ma siamo felici perché abbiamo una speranza.

Voglio farti una promessa. Se ci sarà un domani non ti faremo mancare mai una casa sicura, qualcuno che ti dica che ti vuole bene ogni giorno e che lotti per te sempre e per sempre a qualunque costo ma se non ci sarà un lieto fine ti prometto che io e il tuo papà resteremo uniti e cercheremo di riempire tutti i vuoti con i nostri sorrisi più belli.

A presto o a mai più,

La tua mamma.”

Il pick up andò benissimo e il giorno dopo ci dissero che gli ovociti su cui avevano lavorato erano stati perfettamente fecondati. Sembrava una prima vittoria. Arrivarono a farmi il transfer 5/6 giorni dopo l’intervento comunicandomi che solo due embrioni ce l’avevano fatta e me li impiantarono.

L’attesa di quei 15 giorni prima di fare le Beta ti toglie il respiro. Soffri e poi anche un po’ sorridi perché c’è paura ma anche un pizzico di speranza. E arriva un momento in cui inizi ad avere paura di quella speranza. Hai paura di tornare violentemente al punto di partenza con una cicatrice in più in mezzo a tutte quelle che hai. Ma la verità è che non puoi mollare.

Ero incinta di 3-4 settimane. A distanza di poco tempo però ebbi un aborto spontaneo.

In quel momento ho capito che esistono davvero tanti tipi di dolore e che ne stavo sperimentando uno nuovo. Un dolore così profondo che ti consuma, così rumoroso che ti fa tremare. Un dolore che rade al suolo ogni parte di te. Di quello che ero rimasero solo tantissimi chili in più, presi a causa di tutte quelle siringhe, che coprivano un’anima fatta a pezzi.

Nel frattempo il primo anniversario di matrimonio si avvicinava ed io piangevo e basta. Non trovavo più un senso a nulla fino ad arrivare a pensare che non volevo più vivere.

E’ proprio quando mi è passato per la mente quel pensiero orribile che dentro mi si è accesa una luce. Avevo fatto una promessa a mio figlio e dovevo mantenerla. Un nuovo capitolo della nostra vita doveva cominciare. A 28 anni non potevo permettere di farmi ridurre in quella pietosa condizione neanche ad un destino ingiusto.

Per prima cosa decisi di incanalare tutte le mie energie nella riuscita di una dieta per ricominciare a prendermi cura di me stessa e del mio corpo trascurato.

Ho riscoperto, nei mesi successivi, innumerevoli passioni che avevo dimenticato di avere o anche solo di trovare il tempo di coltivare, accorgendomi che non esiste un solo scopo nella vita ma che il futuro può avere mille volti e mille colori.

Non nego che io e mio marito ancora oggi affrontiamo momenti difficili dove ci perdiamo per poi ritrovarci con la consapevolezza che ogni nostra scelta continuerà sempre e comunque ad essere dettata dall’amore.

La REAZIONE a ciò che ci è accaduto ha giocato per noi un ruolo fondamentale nel permetterci di affrontare questa ingiustizia. Non possiamo decidere sempre quello che è destinato a noi, cosa ci accadrà o quando accadrà ma possiamo decidere come accettare, come andare avanti o come fare nessuna di queste cose.

Questo sì che è nelle nostre mani. Io ho scelto di reagire e di prendermi del tempo per ritornare a splendere ripetendomi comunque ogni giorno che “nessuna causa è persa finché ci sarà un solo folle a combattere per essa”..

Il racconto è di Claudia Finetti, seguila su Instagram per scoprire la sua storia.

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