E’ arrivato il momento di iniziare una nuova avventura per il mio piccolo Oliver: l’inserimento all’asilo nido.

Il nido che abbiamo scelto rispecchia quelle che sono le mie aspettative: l’ambiente è pulito, ben suddiviso negli spazi e le educatrici sono competenti e affidabili. So che sono cose che dovrebbero essere scontate, ma molte volte non è così. Lasciare il proprio bimbo piccolissimo nelle mani di persone estranee non è facile: se però le educatrici riescono ad ottenere la fiducia di mamma e bimbo il primo importantissimo scoglio è superato.

L’inserimento dura circa 3 settimane, poi può variare in base alle reazioni dell’approccio che ogni singolo bambino manifesta.

      

SETTIMANA 1

I primi due giorni io e Oliver rimaniamo all’asilo insieme a giocare per circa 1 ora e mezza, e si diverte un mondo con tutti questi giochi nuovi e la possibilità di gattonare dove gli pare, cosa che a casa inizialmente non poteva fare perchè vedevo un pericolo dietro l’altro. Oliver è completamente concentrato sulla sua attività di gioco.

Dal terzo giorno anticipiamo l’entrata all’asilo di un pochino, iniziamo a fare il pranzo là e gradualmente ogni mattina mi allontano per un tempo sempre maggiore. Oliver negli ultimi due giorni della prima settimana inizia a manifestare una sorta di disagio e inizia a piangere e urlare ad ogni pianto o verso degli altri bambini. Questa cosa un pò mi turba perchè effettivamente non avevamo mai avuto l’occasione di socializzare con altri bimbi piccoli come lui. Dall’altro lato ha accettato molto bene la figura delle educatrici.

SETTIMANA 2

Si riparte il Lunedì con questo timore delle sue reazioni e con una nuova routine: lo porto là il mattino, rimango solo 10 minuti e poi tornerò a casa, per tornarlo a prendere dopo pranzo. Ad ogni pianto o verso degli altri bambini Oliver è infastidito e piange, e io sono sempre più avvilita. Al momento del saluto scoppia nuovamente a piangere, e io esco dall’asilo più in lacrime di lui. Il momento del saluto è una cosa importante: ci sono certi asili che impongono che la mamma si defili di nascosto, ma è sbagliato: il bimbo lo avverte come un vero e proprio abbandono, mentre con il saluto deve capire (e lo capisce…) che la mamma poi tornerà a prenderlo. L’asilo di Oliver è pro-saluto, e di questo sono molto contenta. Gli ultimi giorni di questa seconda settimana vanno via via migliorando, e piano piano Oliver inizia ad accettare la “convivenza” con gli altri bambini.

SETTIMANA 3

La terza settimana inizia con sicuramente meno ansia di quelle precedenti, un pò perchè ci stiamo adeguando entrambi a questi nuovi ritmi, un pò perchè Oliver è decisamente più tranquillo. Così, il mercoledì, tentiamo il riposino pomeridiano all’asilo. E con mia sopresa va tutto come deve andare. Oliver dorme nel suo lettino, nella cameretta insieme agli altri bambini. Anche per quanto riguarda il pranzo, mentre all’inizio era un pò più difficoltoso, ora mangia quasi tutto. Per cui sono molto più sollevata e tranquilla dei primi momenti, che abbiamo vissuto in maniera un pò ansiosa.

Il percorso dell’ambientamento, si sa, è un passaggio non sempre facile, sia per il bimbo, ma anche per la mamma. E’, se vogliamo, un primo distacco importante (non guardiamo il mio caso, visti i momenti precedenti di distacco obbligato per i miei problemi di salute) e che segna un grande momento di crescita per tutti. Un momento assai delicato, che mette alla prova il bimbo nel suo approccio al mondo esterno ed estraneo, e la mamma con tutti i suoi timori e paure.

         

Sono del parere che la cosa più importante, come ho detto all’inizio, sta nello stabilire questo rapporto di fiducia con le educatrici: fidarsi che si prendano cura del tuo piccolo è cosa non da poco, e credo che il bimbo stesso avverta se la mamma prova un senso di diffidenza, che magari all’inizio è normale che ci sia. Al telegiornale se ne sentono di tutti i colori, di bimbi maltrattati dalle educatrici, che ogni tanto vengono sgamate dalle telecamere. Sembra assurdo, ma purtroppo le mele marcie ci stanno e, ahimè, succede spesso. E non oso immaginare il trauma che quei poveri bambini si porteranno a vita.

Quindi sì, ci sta il senso di diffidenza all’inizio. Ma quando, grazie all’ambientamento, impari a conoscere tu stessa le persone magnifiche che ogni giorno si impegnano in questo (difficile) lavoro, e vedi che in quel che fanno ci mettono amore, passione e dedizione… i dubbi lasciano poi spazio a un senso di ammirazione e riconoscenza. Immagino che quando tornano a casa la sera siano sfinite, ma le trovi sempre con il sorriso ad accoglierti. Questo lavoro non è per tutte, ma lo è sicuramente per quelle che ho conosciuto io.

Se vi va di raccontarmi anche la vostra esperienza potete farlo nei commenti qui sotto: sarò ben felice di leggerli!

 

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