Chi mi conosce un pochino sa quanto Londra mi sia mancata durante gli anni vissuti in Svizzera e nella manciata di mesi trascorsi in Olanda; una mancanza che si era sì attutita, ma che non era mai guarita. Così mesi fa, quando mio marito mi mise al corrente dell’opportunità di tornare qui, esplosi di gioia: ero io ad aver quasi insistito per lasciare questa città (per poi pentirmene amaramente) ed ero così grata al destino per avermi dato, ancora una volta, la possibilità di tornarci. Non lo dissi mai a nessuno ma, insieme a tanta gioia, nel mio cuore si nascondeva anche un po’ di paura: dopotutto avevo vissuto a Londra in gioventù, senza figli, quando prendere la “tube” non era un problema perché le scale le facevo volando e non avevo tra le mani un passeggino o una Toddler urlante. Insomma i figli, si sa, cambiano tutto e temevo che, una volta arrivata, non avrei più provato quell’amore folle per questa metropoli.

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La vita a Londra senza figli per me era il top: ristoranti che aprono alla velocità della luce, spettacoli sempre diversi, mercatini vintage, bar su rooftop con viste mozzafiato, party da urlo. Mi bastava uscire di casa per sentire l’adrenalina pulsare: per respirare la vita. Adoravo salire sulla metro e farmi trasportare per tutti gli angoli di questa città; poco mi importava se per arrivare alla meta ci volesse più di un’ora: mi perdevo tra la gente e sognavo con la musica degli artisti di strada; lavoravo duro ma, nonostante la stanchezza, mi sentivo viva come non mai.

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Tornare a Londra con una Toddler ed un baby in pancia mi ha permesso di conoscere un altra faccia di questa città: vivere in un quartiere residenziale, formato da famiglie, dove quasi pare di essere in un villaggio è senza dubbio un esperienza radicalmente diversa da quella che avevo provato. Invece di cercare le vie dello shopping mi ritrovo a cercare gruppi gioco, corsi di cucina formato mini, scuole, asili, una rete di mamme e via dicendo. Nonostante avessi grandi progetti per quest’ultimo periodo di gravidanza in cui, approfittando dell’inizio dell’asilo di Catherine, avrei potuto andare dovunque volessi; mi è bastato un breve “reality check” per rendermi conto che, a malapena, riesco a fare il tragitto scuola-casa perchè non ho le forze per andare più lontano. Insomma, come mi aspettavo, la vita a Londra di adesso è lontana anni luce di quella di prima ma, per fortuna, sono felice lo stesso.

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Anche se Londra ha i suoi difetti, offre l’imbarazzo della scelta in quanto ad attività per i più piccoli: se Catherine non andasse all’asilo potrebbe scegliere ogni giorno tra diversi gruppi gioco, che costano una fesseria (circa 4 € per una sessione da tre ore) o tra altre attività più specifiche: scuole di ballo, di musica, eventi ai musei, lezioni di cucina e la lista è quasi infinta.

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Come capirete non mi sono pentita della mia scelta: io e Londra ci apparteniamo, è come se io non fossi mai andata via, come se fossi sempre vissuta qui. Finalmente nel cuore, non sento più quella smania di dover andare da qualche altra parte . Finalmente sento di potermi fermare, di mettere radici. Poco importa se invece di locali cool frequento le ludoteche e se invece di Oxford Street faccio shopping nel minuscolo centro commerciale dietro casa: finalmente sono dove avrei sempre dovuto essere e, tra una tazza di tea con il latte ed un porridge caldo, mi sento a casa.

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Catherine adora i brunch inglesi!

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