
“In un piccolo paese c’è tanta piccola gente che fa tante piccole cose che fanno cambiare il mondo”
È solo da pochi giorni che è tornata a casa la nostra bambina bielorussa e già ci manca molto. Sto cercando di prendere un po’ le distanze da questa esperienza così intesa per cercare di capire com’è andata, quale il suo impatto su di noi e se saremo nuovamente in grado di prendere in affidamento, in futuro, altri bambini.
Ma andiamo con ordine e facciamo un po’ di chiarezza. Di cosa sto parlando? Nel 1986 c’è stato il più grande disastro nucleare mai avvenuto nel nostro pianeta: Chernobyl. Sono passati trent’ anni ma tutt’ora quelle zone sono contaminate e la povertà è dilagante. Le conseguenze di Chernobyl sono destinate a durare ancora molto a lungo, perché gran parte del territorio è gravemente compromesso. Negli anni successivi a questa catastrofe molte associazioni hanno iniziato a portare alcuni dei bambini di quelle zone (Ucraina e Bielorussia) in Italia, contando sugli effetti benefici del trasferire, anche per un breve periodo, i più piccoli da luoghi così contaminati a livello radioattivo. Tra queste associazioni c’era la Fondazione Aiutiamo a Vivere, che tutt’ora organizza questi periodi in Italia e alla qualche ci siamo fidati anche noi per l’ospitalità di una bambina proveniente da quelle zone. Di solito i bambini sono figli di famiglie in difficoltà economiche e spesso non hanno una famiglia completa alle spalle. Quindi all’aspetto sanitario bisogna aggiungere anche le questioni della povertà economica, culturale e sociale che pesa nel presente e nel futuro di questi bambini.
La nostra bambina è arrivata, con un gruppo di altri 37 bambini, durante la seconda metà giugno, tutta secca, smunta e gobba. È stato un piacere vederla man mano aprirsi, acquistare colore, stare più dritta, sorridere, prendere peso. Quanto ha mangiato! La mancanza di vitamine, proteine c’era tutta: era una bambina debilitata con forti carenze alimentari e soprattutto di cibo ed aria non contaminati. Sembra però che già un mese in Italia aiuti questi bambini a smaltire anche fino al 70% delle contaminazioni dovute ancora a quella maledetta nube.
E noi come abbiamo vissuto questa accoglienza? E’ stato un percorso non è facile, faticoso, pieno di dubbi. Sei coinvolto totalmente giorno e notte e coinvolgi anche la tua famiglia in questa scelta di accoglienza. Però, però, però… la gioia di vederla stare meglio mi ha fatto felice come se fosse figlia mia e l’affetto che lei ci ha donato con la sua presenza è stato tantissimo. Ha conquistato anche mio marito che non è proprio un tipetto facile. Nostro figlio Antonio, 3 anni, ha reagito come un po’ me l’aspettavo (e speravo…): in maniera generosa e affettuosa come solo i bambini sanno fare. Non nego che ad un’esperienza così ho aderito anche per lui. E’ figlio unico e l’idea che cresca viziato mi preoccupa sempre. I bambini vanno educati fin da piccolissimi, soprattutto se figli unici, a condividere le cose, a gestire le frustrazioni di non avere tutto e subito ma di imparare ad aspettare il proprio turno o non avere tutto quello che si desidera. Parole facili a dirsi…più difficile da farsi nella quotidianità. Quante volte molliamo su un capriccio perché magari siamo stanchi, appena tornati dal lavoro e non vogliamo metterci là a combattere? Invece la differenza tra allevare ed educare i figli si gioca molto in questi momenti.
Per un mese Antonio e i suoi genitori hanno fatto del loro meglio per accogliere una bambina arrivata da tanto lontano. Quello che ci ha lasciato questa esperienza? Sicuramente la convinzione che è necessario mettersi in gioco, che possiamo sempre fare qualcosa in più per gli altri, per cambiare questo mondo se non ci piace. E per farlo dobbiamo partire da noi. Un piccolo consiglio? Iniziamo imparando ad accogliere le persone che vediamo tutti i giorni nel nostro quotidiano. Poi il resto verrà da sé.
Elena Carradori
Blog Bolle di Sapone
Per informazioni sull’accoglienza ai bambini di Chernobyl:
http://www.aiutiamoliavivere.it/
Sono sicura che è stata una bellissima esperienza. Anni fa quand’ero adolescente, quindi parlo degli anni ’90, la famiglia di una mia amica ha accolto per anni Yara, una bambina proveniente appunto dall ‘Ucrania. Ricordo la sua bellezza unica e rara e la dolcezza infinita, ma sopratutto i pianti quando arrivava il giorno che dovevamo salutarla. Negli anni avvenire non avrei mai pensato ma la vita mi ha portata ad un’esperienza simile, che mi ha fatto crescere e continua a darmi lezioni giorno dopo giorno. Condivido in pieno le ultime righe nelle quali bisogna accorgerci giornalmente delle situazioni che ci circondano, e questo aspetto appunto ha portato me e la mia famiglia all’esperienza che citavo prima. Grazie per aver riportato alla mia mente bei ricordi con questo articolo. Buon lavoro Valeria Sambin